Premessa
Sorgono spesso dubbi in materia associativa sulla qualifica di socio e tesserato, nonché sulla effettiva utilità o obbligatorietà di ciascuna delle due categorie.
Una Risoluzione Ministeriale sembrava chiarire l’equiparazione di entrambi: “Con riferimento alle attività effettuate dalle società sportive dilettantistiche nei confronti dei frequentatori e/o praticanti che non rivestono la qualifica di soci, si ritiene che la disposizione agevolativa” di cui al combinato disposto dell’art. 148 TUIR comma 3 “si applichi a condizione che i destinatari delle attività risultino tesserati dalle rispettive organizzazioni nazionali (Coni, Federazioni sportive nazionali, enti di promozione sportiva)” R.M. 38/E 2010
Perché tesserati e non soci?
Innanzitutto, in via preliminare occorre precisare che il termine si usa con riferimento ai regolamenti dell’ente sportivo nazionale al quale il sodalizio sportivo è affiliato. Pertanto, più correttamente, andrebbe scritto tesserato alla Federazione o all’ente di promozione sportiva.
Il tesseramento ad un ente nazionale riconosciuto dal CONI ha duplice valenza:
- come accade quasi sempre con gli enti di promozione sportiva, costituisce prova dell’avvenuta instaurazione del vincolo associativo tra la persona fisica e l’ente nazionale avvenuto per il tramite della sportiva e produce, in capo alla persona fisica, l’acquisizione dei diritti elettorali nell’ente di appartenenza
- come accade, invece, quasi sempre con le Federazioni sportive nazionali, il tesseramento ha natura di atto amministrativo e costituisce una sorta di “autorizzazione” a partecipare all’attività sportiva organizzata da quella Federazione attraverso le squadre e l’attività del club sportivo presso il quale ci si tessera
Ai fini fiscali la diversificazione circa la natura del tesseramento è irrilevante e, pertanto, il trattamento dei corrispettivi versato dai tesserati all’ente sportivo nazionale presso il quale è affiliato il sodalizio sportivo che fornisce il servizio è equiparato al corrispettivo versato dall’associato al medesimo sodalizio indipendentemente dalla natura del tesseramento stesso.
I dubbi restano
Un primo problema è legato al perfezionamento del tesseramento. Affinché scatti la legittimazione dell’agevolazione fiscale in capo al tesserato, è necessario che, all’atto del pagamento del servizio da parte del medesimo, questo tesseramento si sia già perfezionato. Il momento di conclusione dell’iter varia tra le diverse realtà sportive nazionali ma, certamente, non può definirsi concluso prima che almeno i dati del nuovo tesserato siano comunicati alla segreteria generale della Federazione o dell’Ente di promozione sportiva. Fino a quel momento la persona fisica è da considerarsi “terzo” pertanto, come tale, soggetto nei confronti del quale non potrà mai scattare il diritto alla defiscalizzazione del corrispettivo (“… si precisa che l’attività esterna degli enti associativi cioè quella resa nei confronti dei terzi, non rientra di regola nella sfera di applicazione delle norme agevolative sopra riportate …” C.M. n.12/09 e, meno recente, C.M. n. 124/98).
Ma ciò potrebbe continuare a non essere sufficiente. Infatti, come insegna la Suprema Corte (C. Cass. sez. V sent. n. 4147 del 20.02.2013), sarà comunque necessario che l’ente sportivo oggetto di accertamento dimostri “che l’attività svolta non aveva natura commerciale” e superi, pertanto, dimostrando, ad esempio, l’avvenuto perfezionamento del tesseramento in momento antecedente a quello di pagamento del servizio, “la presunzione della natura commerciale delle prestazioni fornite e dei beni ceduti dietro corrispettivo”.
Infatti non tutte le prestazioni di servizi a fronte delle quali l’associato o il tesserato versi un corrispettivo specifico possono essere ritenute defiscalizzate ma solo quelle svolte in diretta attuazione degli scopi istituzionali di natura “non commerciale”.
Vincenzo D’Anzica
Dottore Commercialista e Revisore Contabile