Una delle principali novità sul panorama fiscale e regolamentare è il divieto di pagamento in contanti delle retribuzioni ai dipendenti, ponendo argine (secondo il legislatore) al fenomeno degli stipendi corrisposti in misura inferiore a quanto dichiarato dalle buste paga ufficiali.
Questo obbligo imporrà a datori di lavoro e committenti a corrispondere pagamenti tramite:

– bonifico sul conto indicato dal lavoratore ed identificato da IBAN univoco
– assegno bancario o circolare consegnato direttamente al lavoratore o, in caso di impedimento (che s’intende comprovato quando il delegato a ricevere il pagamento è il coniuge, il convivente o un familiare in linea retta o collaterale del lavoratore, ma di età non inferiore a 16 anni), ad un delegato
– strumenti di pagamento elettronico, quindi basati su sistemi informatici riconosciuti.

L’unica eccezione sarà costituita dal pagamento avvenuto presso gli sportelli bancari o postali presso i quali il datore di lavoro risulti titolare di conti correnti di tesoreria con mandato di pagamento. Dovrebbero esser fatti salvi gli anticipi di cassa (salvo diversi chiarimenti futuri) in quanto comprovati da elementi giustificativi e non risultando elementi della contribuzione.
N.B. : l’obbligo prescinde dall’importo, per cui non vi sono soglie limite a partire dalle quali occorre utilizzare gli strumenti sopra elencati !

 
I contratti interessati
La nuova normativa si applica a:
1) contratti di lavoro a tempo indeterminato
2) contratti di lavoro a tempo determinato
3) contratti di collaborazione coordinata e continuativa
4) contratti di apprendistato, part-time e parziali
5) contratti di lavoro instaurati dalle cooperative in base alla legge n. 142/2001
Mentre restano esclusi:
1) il lavoro domestico
2) i contratti per addetti ai servizi familiari e domestici rientranti nell’ambito di applicazione dei contratti collettivi nazionali
3) i rapporti instaurati con le pubbliche amministrazioni

 

Cosa si rischia?
Ai datori di lavoro e committenti trasgressori della nuova norma si applicano sanzioni amministrative da 1.000 a 5.000 euro. L’accertamento di tali violazioni può essere condotto da ispettori del lavoro, agenti e ufficiali di polizia giudiziaria, oltre che da Guardia di Finanza e Agenzia delle Entrate in quanto trattasi comunque di illecito economico-finanziario.

 

Criticità
La misura in esame può essere un deterrente per contrastare fenomeni di sommerso, ove alcune aziende decidano di far sottoscrivere contratti con salari inferiori a quelli effettivamente corrisposti per avere un risparmio contributivo. Tuttavia non risolverà, né forse attutirà il fenomeno già comunemente diffuso di corrispondere al lavoratore uno stipendio corrispondente alla busta paga chiedendone restituzione di una parte. Gli effetti pertanto vanno analizzati con cautela e solo nel medio e lungo periodo con l’applicazione delle prime sanzioni.

Vincenzo D’Anzica
Dottore Commercialista e Revisore Contabile

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