La buona notizia: il rinvio
Il governo ha stabilito, tramite il D.L. “Sostegni”, il differimento dell’entrata in vigore della tanto temuta (dagli addetti ai lavori) riforma dello sport. In particolare:
- al 01/07/2022 l’entrata in vigore delle norme relative al lavoro sportivo
- al 01/01/2022 l’entrata in vigore delle restanti norme
Mandando di fatto in fumo gli slogan e le dirette social dell’ex Ministro Spadafora, che spacciava per epocale una riforma in realtà piena di falle ed imprecisioni, la quale rischia solo di rendere ancora meno chiare le linee di confine nel settore sportivo a livello fiscale ed amministrativo. Tale rinvio sarà necessario per meglio comprendere i singoli articoli della riforma e per iniziare a trovare i sistemi più adatti per rispettare tutti i nuovi paletti posti dal nuovo testo.
La cattiva notizia: i perimetri applicativi e l’incertezza normativa
Purtroppo il rinvio è l’unico aspetto apparentemente positivo in quanto vi è una moltitudine di questioni aperte e di approssimazioni testuali che rendono (e renderanno) arduo calarsi in queste nuove vesti. In questa trattazione porremo attenzione su due soggetti a noi ben noti, in quanto predominanti nel panorama sportivo italiano: Associazioni e Società Sportive Dilettantistiche.
- Il primo aspetto riguarda la forma giuridica delle Società Sportive, che dopo il fallito tentativo delle Società Sportive Dilettantistiche Lucrative, ha previsto la forma delle sole società di capitali. La riforma invece prevede accanto a queste società di capitali anche quelle di persone (SNC, SAS, Soc. Semplice) aprendo il primo elemento critico, ovvero la difficoltà di escludere il fine di lucro per tali soggetti per loro stessa natura. Inoltre un altro punto critico è l’esclusione (in apparenza discriminatoria) delle società cooperative, non certo prevalenti numericamente ma pur sempre presenti: che fine faranno? Saranno obbligate alla conversione giuridica per iscriversi al registro CONI o opereranno in deroga? Non si potrà di certo vietare l’iscrizione ai campionati, né gettare in fumo investimenti e sacrifici sostenuti nel corso degli anni.
- Gli enti sportivi potranno decidere di acquisire la qualifica di Enti del Terzo Settore (ETS) a loro discrezionalità. Sembrerebbe un di più, una concessione, ma in realtà ci sarà molto da chiarire. Si tenga presente in primis che il rimborso delle quote sociali e la distribuzione di utili sarà assoggettata alle norme degli ETS, limitando l’autonomia legislativa previgente. Inoltre, in caso di contrasto tra la disciplina sportiva e quella del terzo settore dovrà essere quest’ultima a prevalere. Infine addio alle agevolazioni della legge 398/91 tanto cara ai sodalizi sportivi: sarà adottato il regime fiscale degli ETS, con la decadenza dagli attuali benefici.
- Una evidente novità è costituita dalle disposizioni dell’oggetto sociale, laddove il testo afferma che debba essere espressamente previsto “l’esercizio in via stabile e principale dell’organizzazione e gestione di attività sportive dilettantistiche, ivi compresa la formazione, la didattica, la preparazione e l’assistenza all’attività sportiva dilettantistica”. Il problema appare evidente: un’interpretazione letterale della disposizione penalizzerebbe tutti i sodalizi che facciano delle entrate commerciali (bar, sponsor, ecc.) le principali fonti di finanziamento. Altro aspetto che necessiterà di chiarimenti è la formulazione delle attività secondarie, si legga “Le associazioni e le società sportive dilettantistiche possono esercitare attività diverse da quelle principali a condizione che l’atto costitutivo o lo statuto lo consentano e abbiano carattere secondario e strumentale rispetto alle attività istituzionali, secondo criteri e limiti definiti con decreto dell’Autorità di governo competente in materia di sport, di concerto col Ministre dell’economia e delle finanze”. In tal caso si spera che il decreto che seguirà operi delle limitazioni coerenti e chiare, in quanto potrebbe prevedere ad esempio che le attività istituzionali rappresentino almeno il 51% del totale, ed una grossa sponsorizzazione occasionali risulterebbe inammissibile. Infine sembra anche necessario l’adeguamento di tutti gli statuti previgenti perché, ove espressamente richiesto, la dicitura letterale del testo non è ad oggi riportata nei documenti costitutivi dei sodalizi esistenti, e ciò potrebbe a sua volta comportare costi di registrazione per i professionisti e per imposte e tasse da versare se non verrà prevista l’esenzione.
- Viene superato il concetto di assenza di scopo di lucro, prevedendo per gli enti di natura societaria (non quelli associativi): la destinazione di una parte degli utili ad aumento gratuito del capitale sociale (inferiore al 50% degli utili totali e nei limiti dell’indice ISTAT annuo), la distribuzione degli utili ai soci (in misura pari all’interesse massimo dei buoni postali fruttiferi aumentato di due punti e mezzo rispetto al capitale versato) e il rimborso al socio del capitale versato (seguendo gli stessi parametri della distribuzione di utili). Si tratta di misure che potranno attrarre gli investimenti privati, tuttavia l’ancoraggio agli indici ISTAT e ai tassi di interesse dei buoni è risibile data la loro bassa consistenza. Una nota, infine, sull’incompatibilità sulle clausole statutarie sull’assenza di lucro e di incedibilità e non rivalutabilità delle quote.
- Viene sancita una più ferrea disciplina sull’incompatibilità tra cariche degli amministratori, di fatto ora non sarà possibile ricoprire cariche in più sodalizi affiliati allo stesso EPS, DSA o FSN, mentre prima era vietata la stessa carica. Per intenderci chi è Presidente di un soggetto sportivo oggi non può ricoprire la stessa carica presso un ente affiliato allo stesso ente/disciplina/federazione ma può ricoprirne una diversa, dall’entrata in vigore della riforma invece non potrà ricoprire nemmeno una carica diversa, come il Segretario. Anche qui si aprirebbe la necessità di modificare gli statuti vigenti.
- La parte più corposa e controversa riguarda la figura dei lavoratori sportivi. Innanzitutto i collaboratori sportivi cesseranno di essere atleti e diventeranno lavoratori a tutti gli effetti. E’ difficile prevedere se prevarranno gli aspetti positivi per le maggiori tutele di queste figure o le distorsioni di mercato che una radicale riforma porterà a livello economico e organizzativo. Inoltre l’abbondanza di figure contrattuali previste (contratto di lavoro subordinato, co.co.co., lavoro autonomo e occasionale) non sarà di aiuto per la risoluzione di controversie accertative e di vertenze lavorative. Facile immaginare che abbonderanno rimborsi spese fittizi, perché sarà l’unica forma di “remunerazione” dei tecnici che si camufferanno da collaboratori volontari a titolo gratuito. Ci si chiede inoltre se questa riforma tuteli realmente i collaboratori sportivi, poiché chi ha scritto la riforma forse è poco avvezzo ai calcoli previdenziali e non ha pensato che il montante contributivo porterà a rendite pensionistiche di bassissimo ammontare. Altro aspetto da considerare è la tassazione: con l’attuale sistema fino a 10.000 euro non vi è tassazione né ritenuta alcuna, dal luglio 2022 invece si verrà tassati al primo euro di imponibile contributivo e ciò potrebbe portare ad una radicale modifica dei parametri di ricerca da parte dei sodalizi. Questi ultimi infatti potrebbero essere spinti o addirittura obbligati a ricercare solo personale autonomo con partiva IVA per abbattere i costi del personale, o a ricercare figure già dipendenti (es. i professori di educazione fisica) che cerchino attività per arrotondare e non per sostentare le proprie spese giornaliere.
- Abbiamo una nuova definizione dello sport, definito come “qualsiasi forma di attività fisica fondata sul rispetto di regole che, attraverso una partecipazione organizzata o non organizzata, ha per obiettivo l’espressione o il miglioramento della condizione fisica e psichica, lo sviluppo delle relazioni sociali o l’ottenimento di risultati in competizioni di tutti i livelli”. Bene, definizione tecnicamente valida, armonica, ma come la si potrà coniugare con le attuali discipline sportive riconosciute (e non) dal CONI? L’automatismo non è scontato. Inoltre l’utilizzo della congiunzione “o” fa intendere che in sede di accertamento dovrebbe essere più semplice dimostrare il carattere istituzionale delle attività esercitate, ma per esserne sicuri sarebbe auspicabile una circolare esplicativa.
- Infine da menzionare il pensionamento dell’attuale Registro CONI 2.0, che verrà sostituito dal nuovo Registro delle Attività Sportive Dilettantistiche, che sarà gestito dal Dipartimento dello Sport e non più del CONI. In tale registro confluirà un volume cospicuo di dati (dei quali alcuni non sono richiesti dall’attuale registro). Tali elementi saranno requisiti fondamentali per l’iscrizione al registro ma saranno anche importanti poiché solo il loro inserimento li renderà pubblici e li renderà opponibili ai terzi. Di fatto il CONI perde gran parte dei suoi poteri, in primis la sua funzione di unico organo certificatore, e questo provocherà non pochi conflitti. In dettaglio occorrerà inserire:
- I dati anagrafici del sodalizio, del rappresentante legale e del consiglio direttivo;
- i dati di tutti i soci e tesserati, inclusi i minori;
- le attività di ogni genere svolte dai tesserati;
- l’elenco degli impianti utilizzati (con annessi i relativi contratti registrati);
- i contratti di lavoro e collaborazione stipulati con i relativi nominativi, compensi e mansioni;
- i rendiconti economico/finanziari o i bilanci con relativi verbali di approvazione;
- i verbali di modifiche statutarie con i relativi statuti modificati.
Vincenzo D’Anzica
Dottore Commercialista e Revisore Contabile