Premessa
La riforma del Terzo settore di cui al d.lgs. 3 luglio 2017, n. 117 ha previsto l’istituzione del Registro Unico Nazionale del Terzo settore (RUNTS). L’iscrizione al Registro è facoltativa, ma ad essa è subordinata la possibilità di fruire delle agevolazioni finanziarie, fiscali e di rapporto con gli enti pubblici previste dalla riforma del terzo settore. I soggetti coinvolti? Le federazioni sportive, gli enti appartenenti alle discipline sportive associate, gli enti di promozione sportiva, le associazioni sportive dilettantistiche e le società sportive dilettantistiche.
Il legislatore ha indicato tra le attività di interesse generale l’organizzazione di attività sportive dilettantistiche. Molti rilevano che non sia stata introdotta la tipologia “associazione sportiva dilettantistica” all’interno delle diverse fattispecie di enti del terzo settore, ma se così fosse avvenuto, tutte le Asd si sarebbero dovute iscrivere, facendo di fatto confluire il registro Coni all’interno del registro unico nazionale degli enti del terzo settore (RUNTS).
Cosa accade a chi passa dal registro CONI al RUNTS?
Le conseguenze immediate sono due:
- Il regime di decommercializzazione delle somme versate dai soci per partecipare alle attività inerenti ai fini istituzionali (ex art. 148, terzo comma, del Tuir) – in virtù del quale la quota di iscrizione versata dal socio per partecipare, ad esempio, al corso di nuoto non è soggetta ad IVA ed a imposte dirette – a meno che non si qualifichino come APS, considerato che ad esse si applica un’analoga agevolazione (art. 85 del Codice del terzo settore);
- Il regime fiscale di forfetizzazione delle imposte di cui alla Legge 398/1991, fatta però salva la possibilità di ricorrere ad un analogo regime fiscale agevolato nel caso in cui si qualifichino come APS e presentino ricavi commerciali inferiori ad euro 130.000 (art. 86 del Codice del terzo settore).
La doppia qualifica
Nulla vieta che gli enti in questione possano rivestire la doppia qualifica di ETS e di ASD/SSD, impostando la valutazione di convenienza su criteri meramente economici in quanto non siamo in presenza di chiari elementi di preponderanza per l’una o per l’altra soluzione.
Ad esempio ci potranno essere ASD che non presentando i requisiti per qualificarsi come APS non hanno interesse ad assumere la qualifica di ETS in quanto perderebbero l’agevolazione oppure ci potrebbero essere associazioni sportive dilettantistiche che pur avendo i requisiti per qualificarsi come APS non sono interessate ad acquisirlo in quanto presentando ricavi commerciali superiori ad euro 130.000, ma inferiori ad euro 400.000, accederebbero ad un regime fiscalmente molto più oneroso rispetto a quello previsto dalla Legge 398.
Perché rivestire la doppia qualifica?
Innanzitutto perché qualificarsi come associazione di promozione sociale garantisce la possibilità di promuovere anche attività diverse da quelle sportive dilettantistiche come quelle di natura ricreativa, culturale, aggregativa che oggi molte ASD già realizzano. Oggi possono decommercializzare i corrispettivi specifici versati dai soci anche con riferimento a tali introiti nel momento in cui queste attività sono indicate nello statuto, quando entrerà in vigore la parte fiscale del codice del terzo settore tale beneficio sarà subordinato all’acquisizione della qualifica di associazione di promozione sociale.
Successivamente apre le porte ai percorsi di coprogrammazione e coprogettazione con le pubbliche amministrazioni, consentendo anche la stipula di convenzioni, garantisce maggiori benefici fiscali ai propri donatori, introduce maggiori agevolazioni fiscali sotto il profilo delle imposte indirette, in futuro garantisce un regime sulla fiscalità diretta per alcuni versi più agevolato (art. 79 del Codice del terzo settore), autorizza l’utilizzo della sede a prescindere dalla destinazione urbanistica con conseguenti minori oneri per l’associazione e, secondo la legge delega di riforma del terzo settore, è condizione per avvalersi prevalentemente o stabilmente di finanziamenti pubblici, di fondi privati raccolti attraverso pubbliche sottoscrizioni o di fondi europei destinati al sostegno dell’economia sociale o per esercitare attività in regime di convenzione o di accreditamento con enti pubblici.
L’ente sportivo che opterà per l’iscrizione nel Registro Unico Nazionale del Terzo settore non perderà la possibilità di fruire dei benefici accordati agli enti iscritti anche al registro CONI sopra richiamati, salvo rinunciare al regime della L. 398/91. Tuttavia, è probabile che i maggiori adempimenti e, soprattutto, la modificazione delle agevolazioni fiscali in capo agli ETS renderanno non appetibile per gli enti sportivi dilettantistici attualmente iscritti nel Registro CONI l’iscrizione nel Registro Unico del Terzo settore.
Vincenzo D’Anzica
Dottore Commercialista e Revisore Contabile